La mattina del 25 aprile si sceglieva con cura l'abito da indossare e la cravatta a stringere al collo; la corsa di Eugenio Bomboni era infatti l'appuntamento più importante dell'anno al quale si andava eleganti, puliti e pettinati. Arrivavano a Roma i dirigenti del ciclismo, i direttori sportivi più importanti, i giovani di cui si erano lette le notizie e viste le foto su Tuttociclismo che riportava le classifiche dei dilettanti divisi per serie. Ogni corsa assegnava dei punti ma solo quelli che finivano tra i primi potevano pensare di passare professionisti. Il Gran Premio della Liberazione, invece, faceva storia a sè. Chi vinceva aveva quasi sempre il contratto garantito.
Si andava in viale delle Terme di Caracalla per incontrare anche i giornalisti importanti; quelli della Gazzetta, del Corriere dello Sport e di Tuttosport. C'erano poi il Ginetto (Gino Sala de L'Unità), l'immenso Renato Cavina con i suoi fax, perle d'una poesia improvvisata che mi è rimasta nel cuore, i giornalisti dal Belgio e tantissimi altri. Enzo e Claudio di BS, che seguivano i corridori fino al controllo antidoping e li mollavano solo quando le ammiraglie prendevano la via di ritorno a casa. Si poteva salutare Lamberto Righi, lo speaker con l'inseparabile tabellone dei nomi dei corridori scritti di notte a macchina. Poi i componenti della segreteria organizzativa che arrivava dalla Romagna; gente esperta che dettava a memoria gli arrivi e le classifiche ai giudici. I fotografi, fra tutti Tonino Giuliani, a cui ho rubato questa foto. Tanti, tantissimi altri. Chi non poteva venire a Caracalla accendeva la TV verso le 12.00; la RAI mandava persino l'elicottero a riprendere in diretta le immagini finali della corsa.
Si andava presto alle Terme di Caracalla per non perdere nemmeno un particolare di questa grande giornata di festa a cui Eugenio Bomboni dedicava anima e corpo.
Che magnifici ricordi mi legano a questa giornata romana, passata ad indovinare il futuro dei corridori arrivati da tutto il mondo.
Quasi sempre c'era poco tempo per festeggiare; subito dopo l'arrivo si partiva a tutta velocità per il prologo del Giro delle Regioni, spesso già nel pomeriggio in Toscana.
Che scuola sono stati per me il Gran Premio della Liberazione e il Giro delle Regioni. Che privilegio ho avuto a conoscere Eugenio che mi insegnò, tra l'altro, la differenza fra "fare una corsa" (come si diceva in gergo romano) e "organizzare una corsa". Eugenio era un tipo a volte un po' brusco ma con uno slancio affettuoso capace di farti dimenticare ogni suo rimprovero, ogni sua sfuriata.
Ho tantissimi ricordi di Eugenio e della sua squadra multiforme e multilingue. Tra tutti scelgo la sua visione dell'organizzazione che nasceva da una lavagna enorme che c'era nello stanzone al Velodromo Olimpico. Su quella lavagna egli annotava rigorosamente ogni aspetto: Il Paese della squadra (che solo a scorrere quella colonna era come vivere un vero e proprio viaggio tra le terre più lontane al mondo), il giorno e l'orario di arrivo a Fiumicino, gli autisti e le targhe delle auto che li avrebbero portati a Roma e poi al Giro delle Regioni, il nome dell'interprete, i visti d'ambasciata e così via. Rigorosamente tutte le note utili al rientro in patria. Quella lavagna era un'enorme matrice excel con tanto di colonna finale per le annotazioni più strane come, nel caso di corridori di fede musulmana, per l'hotel, il ristorante e il responsabile dei rifornimenti in gara.
Si sta facendo tardi, devo correre a prepararmi. Tra poco si parte; in programma 23 giri del circuito di Caracalla..............
Evviva il Gran Premio della Liberazione
Evviva la libertà
Evviva la gioventù
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25/04/2020